(un)Health care system

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Prima di venire negli USA e di avere a che fare con la sanità americana, avevo in testa la scena di Sicko, di Micheal Moore, in cui un tizio si cuce una ferita in casa, da solo, con ago e filo, per non andare in ospedale.
Insomma, lo sapevamo che qui curarsi è un affar serio.
Lo sapevamo che la sanità pubblica quasi non esiste e che, ad ogni modo, noi non ne avremmo diritto in quanto classe media e in quanto lavoratori regolari.
Noi abbiamo un’assicurazione privata, come tutti gli americani che lavorano, e il premio viene pagato direttamente dal datore di lavoro. Il premio è bello alto. Tant’è che noi, sulla nostra preziosa tessera sanitaria, abbiamo la dicitura “copay = 0”. Questo per noi voleva dire che le nostre spese mediche sarebbero state pagate tutte dall’assicurazione. Sciambola.
E invece no. Non è cosí.
L’assicurazione paga, sì, ma oltre un certo limite. Entro quel limite paghiamo noi. E quel limite è 5.000 dollari.
Ora, io in Italia per spendere 5.000 dollari di spese sanitarie in un anno avrei dovuto andare dal ginecologo, dal senologo, dal dermatologo, dal cardiologo e dall’oculista una volta al mese. Siccome queste cose si fanno una volta all’anno, è presto fatto il mio conto spese della mia salute in Italia.

All’inizio, quindi, ero arrabbiatissima perché ho pensato che questa diavolo di assicurazione alla fine non pagava proprio niente, e tutte le spese erano a carico nostro. Sbagliato.
A 5.000 dollari ci puoi arrivare eccome, se ti va di sfiga. Ho saputo, infatti, che un intervento normale, con anestesia e degenza, qui ti costa decine di migliaia di euro, e tu paghi solo la tua quota di copay. Se, per esempio, il tuo copay è del 20%, su un intervento da 40.000 dollari tu paghi 8.000 dollari così, solo perché magari sei stato investito da un’auto, ti hanno dovuto aprire il torace e hai voluto essere operato in ospedale, e non nel tuo giardino, da professionisti e non da ingegneri elettronici, possibilmente non da sveglio.
Quindi, arrivare al limite, al tuo deducibile, è proprio un attimo. Ma anche se poi sai che da quel momento paga l”assicurazione, arrivarci ti ruga lo stesso, credetemi.
Dei nostri amici italiani se lo sono visto ciucciare via in una volta sola, dopo una visita al pronto soccorso, una notte in cui il marito ha avuto un malore che sembrava un attacco di cuore. Sono stati dentro l’Emergency room il tempo necessario per farsi dire che no, non stava morendo, e sono scappati fuori senza voltarsi indietro, ma era troppo tardi comunque. 4.000 dollari per la visita e deducibile sfondato in una sola notte di paura. O meglio, in 30 minuti.

Ovviamente questo non è un caso che vale per tutti. Tutto dipende da quanto è alto il premio che si paga ogni mese. Più paghi, più l’assicurazione copre le spese. Se sei ottimista, pensi di non ammalarti spesso e quindi scegli di pagare un premio mensile più basso, episodi come questo rischiano di capitarti spesso. Ergo, più sei ricco, più si abbassa il rischio di restare in mutande se ti ammali seriamente.

Molti americani sono sconvolti, come noi, dall’inefficienza del sistema sanitario a stelle e strisce. Ma molti non lo sono affatto, perché si dicono pronti a sacrificare la gratuità del servizio in nome di un’eccellenza e di un grado di avanzamento che noi in Italia ce lo sogniamo. Il livello di avanguardia qui è incredibile. Le cliniche sembrano venire direttamente dal futuro. I chirurghi americani, e quelli che da tutto il mondo scelgono di svolgere qui la professione, fanno sembrare i nostri medici italiani allo stesso livello di quelli che operano nei campi di battaglia o sotto un tendone in Africa.
Insomma, qui non ci sono ospedali vecchi, cadenti, con le crepe, le sale d’attesa piene di barelle. Qui siamo avanti. Ma si paga tutto. Se non ce la fai a pagare tutto, l’assicurazione ti rateizza i costi, ti viene incontro, ti autorizza a contrattare come in un mercato a Marrakech, ma alla fine devi pagare.

Tutto questo mi fa pensare a mio padre, che negli ultimi 20 anni ha subito un doppio bypass, svariate angioplastiche, pacemaker, defibrillatore e una delicatissima ablazione cardiaca. Il tutto svolto nei nostri ospedali, che in Lombardia sono sicuramente messi meglio che in Calabria, ma che comunque hanno le loro grane. Lo hanno operato medici che non hanno la lingua sciolta come i medici americani, inclini a spiegarti tutto come se fossi uno studente del primo anno. I dottori italiani alla terza domanda già ti guardano come se tu, con la tua ignoranza, gli stessi facendo perdere il loro prezioso tempo. Gli americani, al contrario, sanno che il tempo non glielo stai facendo perdere, perchè lo stai pagando profumatamente. Quindi avanti con le domande…
Mio padre, quindi, al quale hanno praticamente ricostruito un cuore malato, ha avuto a che fare con ospedali vecchi e medici scostanti, sicuramente non beneficiando delle ultime tecniche chirurgiche, ma non ha speso un euro ed ha potuto salvarsi la vita molte volte, perché in Italia la vita e la salute sono un diritto intoccabile. Tutti in Italia devono essere curati, perché chi guadagna di più paga di più e rimpolpa il budget sanitario nazionale con cifre più alte, mentre chi guadagna meno lo fa con cifre più basse. Chi non lavora, non rimpolpa niente. Ma viene comunque curato, alla pari di uno che ha pagato molto per il servizio sanitario.

Con questo non voglio dire che il nostro paese sia una best practice della gestione sanitaria. In Nord Europa il sistema pubblico funziona molto meglio, con migliori risultati e maggiore rispetto della salute. Nella patria della corruzione e dei furbi, invece, la sanità è solo un redditizio e facile sistema per arricchire i soliti noti. Quindi anche qui abbiamo trovato il modo di arginare le poche regole, truffare chi si ammala, inventarci operazioni e interventi inutili solo per avere i rimborsi dallo Stato. Ma in questa gigantesca anomalia che è la disonestà di una certa classe dirigente italiana, io scelgo comunque il sistema pubblico. Scelgo comunque un paese che mi consente di partorire gratis, salvarmi la vita gratis, placare il dolore fisico, ma anche quello emotivo, gratis. O, quantomeno, con cifre rispettose come quella del ticket sanitario. Un chirurgo che sceglie di operare qui in Italia, anziché farsi tentare da sale operatorie futuristiche e stipendi a sei zeri, per me merita solo rispetto. Perché non sono solo i migliori ad andarsene. Talvolta anche quelli bravi scelgono di restare e di essere dei geni in patria. Silenziosi, sotto traccia e di sicuro, con un conto corrente meno esplosivo. Onore a loro, che rendono il nostro sistema sanitario pubblico qualcosa di cui andare ancora fieri.

4 risposte a "(un)Health care system"

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  1. Il principale motivo per cui non ci siamo trasferiti in USA è stato quello: io ero freelancer e i l’assicurazione medica sarebbe stata tutta a carico mio. Parlando in giro abbiamo conosciuto molta gente senza assicurazione che sperava in bene (non aveva alternativa), alcuni erano stati arruolati in una forza armata per qualche anno da giovani per poi avere l’assicurazione per gli ex-FFAA a vita. Mi è sembrato molto triste ed ero terrorizzata di potere morire per soldi. È uno di quei pensieri che nella mia vita italiana non mi sono mai venuti in mente. In USA invece avrei o dovuto vendere i miei sogni andando a fare la dipendente o rischiarmi la pelle. Ho sempre avuto il sogno americano ma mio marito era fermamente contrario che non valesse la pena di giocarci la vita e il futuro. Contando che poi hanno pure il grilletto facile, il junk food e le corporations colluse con il governo, le possibilità di incappare in una sfiga sono elevate.

    Dove siamo adesso abbiamo l’assicurazione privata per scelta/necessità (la sanità pubblica è a livello Calabria, in generale, ma nell’emergenza non scegli tu dove andare) ma non mi piace neanche un po’ rispetto alla nostra sanità pubblica: per un pezzo di carta (un’autorizzazione a un esame) puoi perderti una chance di vita. C’è un elevato ricambio di personale e gli specialisti non parlano tra loro. In 5 anni ho avuto 4 ginecologi perché cambiavano tutti assicurazione e io faccio un solo controllo all’anno. I pronti soccorso convenzionati con il mio ospedale a volte chiedono un copay, ma sottovalutano i pazienti che “rendono” poco. Una volta ho avuto un’urgenza e la guardia della mia assicurazione aveva detto che dovevano incidermi un ascesso con il bisturi, ma nella guardia non erano attrezzati per gli interventi (sono solo ambulatori). Mi hanno quindi mandato al pronto soccorso convenzionato più vicino (500 metri). Ho pagato il copay, ma la dottoressa del PS mi ha detto che secondo lei non c’era da inciderlo e si è rifiutata di farlo. I soldi non mi sono stati restituiti perché comunque la visita c’era stata. Ho dovuto chiedere a un amico di portarmi in auto (40′) all’ospedale di proprietà della mia assicurazione sanitaria. Mio marito ha chiamato la guardia per raccontare l’accaduto e la dottoressa che mi aveva visto originariamente ha allertato il PS del mio arrivo.

    Non voglio invecchiare qui, di questo sono certa!

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  2. Premesso che il sistema sanitario americano sarebbe da rivedere, non tutte le assicurazioni funzionano così. Voi avete scelto (o vi hanno consigliato) quella con high deductible ma non sono tutte così. Io ad esempio ho un copay di 50 (con l’assicurazione migliore che avevo prima era 20) ma non devo raggiungere alcun massimale. Inoltre le mie visite di routine annuali (medico generico con check up, dermatologo, ginecologa) pago 0. Forse dovreste rivedere il vostro piano, ma dipende dalla situazione familiare e di salute: molti lo scelgono appositamente.

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